di Ivano Zoppi
Presidente Pepita Onlus
Dischi d’oro, campioni di streaming, mattatori a Sanremo e amati da un pubblico largo, eterogeneo, appassionato. Eppure qualcosa sembra diverso, la gioia di essere sulla ribalta cede il passo allo smarrimento. Quello di due ragazzi, prima di due star, due voci che ci hanno accompagnato in questi anni post pandemici e che hanno raccolto il consenso dei loro coetanei, del mercato e della critica. Si chiamano Sangiovanni e Tananai.
SANGIOVANNI E TANANAI
Il primo, all’anagrafe Giovanni Pietro Damian, viene dai talent e ha portato una freschezza nuova dalla profondità sbarazzina solo all’apparenza, mentre la sua mimica e le sue dichiarazioni tradivano una sensibilità che man mano primeggiava sulla spensieratezza dei vent’anni.
L’altro, Tananai, in arte Alberto Cotta Ramusino, si presenta come cantautore irriverente al Festival di tre anni fa, per poi sfornare tormentoni e successi che sarebbero diventati dei grandi classici.
Classe 95, più grande di otto anni rispetto al collega, Sangiovanni, Tananai ha dichiarato di voler uscire dalle scene per almeno un anno. Troppe tensioni, continue distrazioni rispetto al bisogno di crescere ancora e di lasciare il segno.
Pressioni e aspettative che hanno invece travolto l’artista più giovane. L’obbligo di imporsi, i numeri come parametro esclusivo per valutare il proprio impegno, il lavoro e il talento. La sinistra e petulante intercambiabilità tra persona e personaggio, tra artista e ragazzo, hanno scavato un malessere carsico dentro le certezze del successo e della popolarità.
Il cortocircuito emotivo
Un cortocircuito emotivo che ha spinto colossi come Ed Sheeran a non essere presente sui social, dove ad una star del calibro di Billie Eilish basta dire ciò che pensa per perdere centinaia di migliaia di follower.
Il passo indietro dalla ribalta dei riflettori è sempre più diffuso. Un meccanismo psicologico che da fuori sembra difficile da spiegare, ma che nella vita ai piedi dell’Olimpo si traduce ogni giorno nella storia di migliaia di ragazze e ragazzi che rinunciano a vivere le proprie emozioni per evitare di sentirsi respinti, incompresi, derisi o sconfitti.
A tal punto da abbandonare la scuola, il lavoro, le relazioni con i propri pari, tenute in piedi solo con il conforto della Rete, nel senso letterale del termine. Quel mondo online che ti protegge con la distanza, il filtro o l’anonimato rispetto a ciò che passa sullo schermo, ma che in fondo non ti tocca mai veramente.
I genitori libellula
Gli studi più recenti segnalano che un adolescente su 10 fa uso di psicofarmaci, uno su 7 convive con un disturbo mentale, uno su 3 soffre di ansia.
Alienazione e depressione interessano un quarto delle nuove generazioni, alimentando dipendenza e abusi degli strumenti digitali e scatenando comportamenti distorti e aggressivi.
In questo quadro disordinato e perplesso sulla salute mentale dei nostri figli, c’è un grande assente, quel mondo adulto che come una libellula vive a pelo d’acqua le giornate di bambini e adolescenti, ignorando quanto quell’acqua possa essere profonda o, come direbbe Tananai, “abissale”.