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SCUOLA, IL VICOLO CIECO DELLE DIRETTRICI VALDITARA

di Ivano Zoppi
Presidente
Pepita Onlus

Al fine di ripristinare la cultura del rispetto, di contribuire ad affermare l’autorevolezza dei docenti e di riportare serenità nelle nostre scuole, abbiamo deciso di intervenire su tre direttrici”.

Così il Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha riportato in auge il voto in condotta. Il provvedimento, per ora su carta, anticipa una serie di interventi legislativi che sono in agenda dal prossimo autunno, ma gli ultimi casi di cronaca hanno creato il campo per dare dei segnali politici.

E come tali li prendiamo. Perché le direttrici ministeriali, un po’ come le linee guida, sono poco più che semplici desiderata, se prive di un impianto legislativo. Senza contare che l’autonomia scolastica attribuisce a ciascun Istituto una larga agibilità all’interno di ciascun provvedimento.

Dove sta andando la scuola

Al di là dei giudizi e delle opinioni, guardare i contenuti di questa comunicazione è importante per capire dove sta andando la scuola.

La condotta sarà valutata come una materia vera e propria. Episodi gravi daranno luogo a percorsi di cittadinanza solidale, se necessario anche presso strutture convenzionate.

Lasciare i ragazzi a casa, oggi non è soltanto inutile, ma controproducente. Del resto, anche volendo sposare la causa più conservatrice, la sospensione dalle lezioni rappresenta più che altro un premio.

La consegna a casa, senza mamma e papà, invece di essere oggetto di riflessione, diventa un trionfo di libertà, o meglio di anarchia, che rischia di ripercuotersi anche sul piano delle relazioni tra pari, soprattutto quelle digitali.

Detto ciò, questo ultimo intervento, non a caso giunto ad anno scolastico chiuso, ha le sembianze del cerotto, buttato là per tamponare la situazione. Solo che non si tratta di un semplice taglietto, la crisi della scuola assomiglia sempre più ad una vera e propria emorragia.

Prima degli studenti, la scuola dovrebbe interrogare sé stessa

Come interfacciarsi con il vuoto educativo che circonda le nuove generazioni?

Quali strumenti e metodologie adottare per colmare quel deserto emotivo che caratterizza la popolazione studentesca?

Non basta parlare di rispetto e sventolare lo spauracchio della bocciatura per un Paese in cui l’abbandono scolastico rappresenta ancora un problema, soprattutto negli anni della scuola dell’obbligo.

Le orecchie d’asino e i castighi dietro la lavagna servono a poco se i banchi sono vuoti. Vuoti come le teste di molti ragazzi, che non riescono a connettersi con il mondo che li circonda e, soprattutto, con il mondo che abita dentro di loro.

Siamo noi che abbiamo smesso di sorreggerli, mentre App e social sono diventate le stampelle che li tengono in piedi, ma a quale prezzo? Cosa accadrebbe se di punto in bianco vietassimo agli studenti di portare a scuola i loro device?

Le ultime statistiche attestano che il 3 per cento dei bambini tra gli 11 e i 12 anni ha un suo smartphone in uso esclusivo. Percentuale che sfiora il 100 per cento ai 13 anni. Generazioni che neppure immaginano una vita senza internet. Roba da libri di storia!

Il digitale non è più banale strumento, ma luogo essenziale di vita, relazioni, nozioni e svago. Un luogo frequentato anche più di 8 ore al giorno, vitale per la costruzione della propria immagine e della propria reputazione.

Eppure siamo qui a domandarci come vietare, limitare, controllare e sanzionare l’uso degli smartphone, quando i nostri figli stanno per indossare visori per la realtà aumentata! Un po’ come soffiare contro i Monsoni… 

Il problema resta educativo, non tecnologico. Le maniere forti non servono a nulla, in mancanza di ascolto, programmazione e accompagnamento.

Che fine ha fatto il piano nazionale scuola digitale per la collaborazione tra scuola, famiglia ed enti locali?

Il programma intendeva favorire un utilizzo dei dispositivi elettronici personali durante le attività didattiche in un’efficace integrazione con l’insegnamento tradizionale.

La verità è che le norme sull’uso dei cellulari sono ancora quelle del 2008. Un gap insostenibile per una classe dirigente che preferisce puntare il dito contro i ragazzi, piuttosto che provare a coinvolgerli in qualcosa di nuovo. 

Disciplina, rispetto, empatia e solidarietà non possono essere il tema di percorsi correttivi, ma rappresentano valori universali che siamo tutti chiamati a condividere quotidianamente, tanto offline quanto online.

Cominciamo da qui, altrimenti saremo sempre quelli che pretendono di guardare in streaming un film in HD con un modem 56k.