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“Ho deciso che non ce la faccio a stare qua dentro perché mi crea dei mostri… Non ce la faccio più, io me ne andrei. Ho bisogno di riposare”.

Le parole, interrotte dalle lacrime, sono quelle di un uomo di 58 anni. Si chiama Marco Bellavia. I meno giovani lo ricorderanno come uno dei volti più noti di Bim Bum Bam, poi protagonista dei telefilm per ragazzi al fianco di Cristina D’Avena. Bellavia partecipa al Grande Fratello VIP, con tutto quel bagaglio di emotività e sensibilità che l’attore ha raccontato in più occasioni. Non ultima durante il reality trasmesso da Mediaset, diventando un facile bersaglio di buona parte dei concorrenti.

“Vai alla neurodeliri”
“Sei patetico”
“Sei la causa dei tuoi mali”
“Si merita di essere bullizzato”

I commenti e gli insulti (puoi trovare tutta la vicenda nell’articolo del Corriere della Sera quirivolti dai concorrenti della casa a Bellavia sono di questa natura e portano prima al ritiro della vittima, poi alle squalifiche e ai pentimenti in diretta da parte dei suoi delatori. Uno spettacolo grottesco, che porta ad un esposto del Codacons all’Autorità Garante per le Comunicazioni. Un film già visto; tuttavia nell’epoca del politicamente corretto, non tutta la polvere si può nascondere dietro il tappeto. E se tutto, ma proprio tutto, sembra sacrificabile sull’altare dell’odience, lo stesso non vale per gli inserzionisti. Sono diversi gli sponsor che hanno preso distanze dal format televisivo, con tanto di ripercussioni di natura legale per via del grave danno d’immagine, ben più evidente rispetto alla visibilità delle aziende che sostengono il Grande Fratello.

Come educatore, ancor prima delle Onlus che dirigo, dovrei sentirmi estraneo a queste dinamiche commerciali, ma evidentemente la difesa di valori quali empatia, rispetto e lealtà passa anche dai bilanci.
D’altronde perfino Cristoforo Colombo partì per le Indie per poi scoprire un altro Continente. Allo stesso modo, se le leggi del mercato, spesso più sacre di quelle del buonsenso, possono contribuire a cambiare le regole del gioco, allora ben vengano.

Certo è che il comune sentire sta finalmente registrando delle intolleranze a questo degrado che sembrava non potesse trovare argini, tanto da quasi non badare più al significato delle nostre parole. Quasi. Perché il futuro parla la lingua dei ragazzi, quelli che incontriamo ogni giorno nelle scuole, negli oratori e nelle città di tutta Italia. Ragazzi sempre collegati, spesso privi dei giusti punti di riferimento, ma con una luce negli occhi che merita panorami (e palinsesti) migliori di quelli propinati dal mondo adulto.

Ivano Zoppi
Presidente Pepita Onlus

Crediti foto copertina: Pxhere, link qui.