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La cosa più difficile per un genitore? Consentire ai propri figli di fare quello che vogliono!

È questa, in sintesi, la lezione che un centinaio di educatori hanno portato a casa dopo l’ultimo sabato di “Pepita Day”, il format ideato dalla Onlus impegnata da circa 20 anni nel settore della formazione e dell’educazione per condividere internamente esperienze, analisi e prospettive.

Una riflessione che, più che dall’assenza di valori all’interno della relazione educativa, richiama all’incapacità del mondo adulto di comprendere sogni e bisogni delle nuove generazioni, valorizzando le identità e le attitudini che consentono a bambini e ragazzi di realizzarsi.

In questo contesto, internet come foglia di fico della società dissociata. Un paradosso, considerando che siamo tutti costantemente connessi, che però poggia sulle solitudini e sulle fragilità delle nuove generazioni.

La pervasività dei linguaggi multimediali e gli anni della pandemia hanno certamente condizionato il sistema educativo, ma non possono essere l’origine di tutti i mali.

Una giornata di dibattiti, confronti e laboratori organizzata a Milano, presso la Sala Gregorianum di via Settala, arricchita dal contributo di Matteo Lancini, psicologo e psicoterapeuta, docente presso l’Università Bicocca e l’università Cattolica di Milano e presidente della Fondazione Minotauro.

Il contributo di Matteo Lancini

“Assieme a Matteo Lancini abbiamo provato a cambiare punti di vista e a liberarci dalle zavorre di quei luoghi comuni che, a volte, possono rappresentare dei muri”. Così, il Presidente di Pepita, Ivano Zoppi, riassume il senso dell’incontro aperto agli educatori, ai volontari e ai professionisti impegnati ogni giorno dalla parte dei ragazzi.

Lancini ha saputo ribaltare la prospettiva rispetto al ruolo della famiglia contemporanea, accusata di non essere abbastanza presente nella vita dei più giovani. L’esperto ha spiegato come, in realtà, internet abbia dato la sensazione di un controllo, di una presenza continua da parte dei genitori, ma che difficilmente si traduce sul piano emotivo, educativo e valoriale.

Pepita e la palestra di emozioni

“Tutti banchettano su internet, la colpa è sempre della Rete, oppure della pandemia – ha spiegato Lancini – ma il grande assente è il mondo adulto, che negli anni ha progressivamente ridotto la capacità di socializzazione autonoma dei bambini, spingendoli a cercare nella dimensione digitale nuovi luoghi e modalità per esprimersi e affermare se stessi”.

La società digitale e individualista costruita dagli adulti, non può trovare spazio nella didattica e nella scuola, mentre tutte le relazioni e le esperienze quotidiane passano dalla Rete. Una contraddizione che Lancini spiega con il senso di colpa dell’istituzione famiglia, dove il tempo da dedicare ai figli è sempre meno, in cui non si gioca più in cortile, dove al complesso equilibrio tra lavoro e maternità si aggiunge una crisi dell’universo maschile che si riverbera sul ruolo dei padri.

Così i nostri figli diventano performer, osservati prima dalle fotocamere, dietro alle quali si trova lo sguardo dei genitori. Da una parte si alzano le aspettative, dall’altro aumentano le distanze.

La velocità della rete rallenta le emozioni

Così il divieto diventa una scorciatoia educativa, mentre al dialogo e al conforto preferiamo la rimozione, del dolore, del conflitto e delle emozioni.

Il risultato è che i ragazzi, almeno due su tre, non hanno punti di riferimento e cercano sul web quello che non riescono a trovare a scuola o in famiglia. “Una volta ci volevano mesi per costruire un ponte con i miei pazienti – ha rivelato Lancini – mentre oggi bastano poche sedute, perché i ragazzi in realtà non vedono l’ora di confrontarsi con un adulto che li sappia ascoltare”.

Ansia e incertezza anche tra i più giovani

Di questi temi si parla molto di alfabetizzazione emotiva. Un concetto che passa dall’educazione all’affettività degli studenti, anche nella logica di quell’educazione sentimentale che si ipotizza di inserire nel programma scolastico. In questo quadro, però, non si considera che anche gli adulti avrebbero la necessità di indagare sé stessi e la loro capacità di intercettare e gestire le emozioni dei propri figli.

Accompagnamento, esempio e presenza sono tre parole chiave della vision educativa di Pepita. Tre punti cardinali per orientarsi in questo viaggio complesso e straordinario alla scoperta degli adulti di domani.