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DECRETO CAIVANO, LE NOVITà INTRODOTTE PER CONTRASTARE LA CRIMINALITà GIOVANILE

Il decreto Caivano, approvato in via definitiva in questi giorni, risponde senza dubbio ad una logica di emergenza.

Misure legittime, coerenti con una linea politica che guarda alla repressione e al contenimento di fenomeni legati alla criminalità giovanile e ad un’escalation del disagio e del malessere delle nuove generazioni, sempre più distanti dal contesto istituzionale e dai valori che, dallo Stato, si traducono nelle comunità che lo abitano.

Tutto legittimo, come pure opinabile: dal daspo urbano (ancorché dal sinistro retaggio storico), al sequestro dei dispositivi elettronici per i minorenni, fino al carcere per i genitori che non mandano a scuola i figli.

Non è compito di un organismo come Pepita giudicare politicamente una misura del Governo approvata dal Parlamento, ma il nostro contributo tecnico sull’approccio e contenuti della misura rientra non solo nei diritti, ma anche nei doveri di una realtà come la nostra, ogni giorno accanto ai ragazzi e a servizio delle famiglie. 

Più che focalizzarci su ciò che questa normativa introduce, ci preme evidenziare quello che manca.

I grandi assenti di questa misura sono i concetti di educazione e di prevenzione.

Decreto Caivano: come si previene la commissione di un reato?

Non possiamo parlare di ri-educazione se prima non abbiamo sviluppato e condiviso nel merito dei principi educativi.

Principi che mancano in questo testo, denunciando il profondo scollamento tra la visione della politica e i reali bisogni della cittadinanza. Cosa serve a questi ragazzi? Perché danno luogo a determinate condotte? Abbiamo garantito i servizi e gli strumenti necessari al loro sano percorso di crescita? Quali alternative abbiamo offerto rispetto al nichilismo e all’apatia che soffocano ogni giorno migliaia di ragazzi? Esistono ancora comunità educanti capaci di stringere alleanze educative?

Domande fondamentali che mettono a nudo un secondo aspetto, altrettanto prioritario: il costante depauperamento della prevenzione. Non solo da un punto di vista economico, ma soprattutto culturale. Anche quando realtà come la nostra provano a farcela da sole, a volte supplendo alla presenza delle istituzioni, il rischio è quello di attivare iniziative, soluzioni, percorsi e risorse certamente di aiuto alle scuole, ai genitori e agli educatori, ma con dimensioni ed effetti sicuramente limitati rispetto alla diffusione di quei fenomeni che il decreto vuole contrastare.

Manca quindi una visione d’insieme, capace di individuare le buone prassi che offre il Terzo settore, come pure la società civile; è indispensabile, e non più procrastinabile, sostenerle, misurarle, validarle scientificamente e metterle a sistema per offrire un supporto adeguato a quanti più cittadini possibili nella creazione di un progetto educativo globale veramente efficace.

Il ruolo dei genitori, l’educazione all’affettività e l’educazione civica

Siamo di fronte ad una provocazione culturale nella quale le comunità educanti sono chiamate a costruire reti capaci di generare interventi con una visione sul lungo periodo. Il decreto Caivano, nato da una situazione di emergenza, rischia di produrre il solo effetto di calmare l’emotività.

Come dice il magistrato in pensione Alda Vanoni in un recente commento proprio al decreto Caivano “A questi ragazzi adesso mancano, ancor prima degli strumenti, degli adulti che li accompagnino; adulti che sappiano indicare una strada positiva e abbiano voglia e disponibilità di condividerla con i più giovani; in una parola, adulti educatori.”

Senza questi passaggi saremo sempre a rincorrere, a tamponare, a rattoppare. Abbiamo tutti un cerotto in tasca, ma serve ben altro per poterci prendere cura del nostro futuro, quello che abita nel cuore dei nostri figli. 

È indispensabile che gli adulti, e in prima istanza i genitori, si ritrovino nel proprio ruolo educativo; essere una presenza certa, significativa, in grado di porsi in un ascolto sincero, accogliente e non giudicante.

Non possiamo più permetterci il lusso di delegare la questione educativa. Sono tanti i ragazzi che quotidianamente ci raccontano il malessere che vivono: ansia, depressione, mancanza di speranza nel futuro; emozioni e stati d’animo che non sanno con chi condividere, non avendo adulti di riferimento con cui parlare. 

Decreto Caivano

20 novembre 2023. Giornata mondiale dell’Infanzia e dell’adolescenza: il diritto alla salute dei bambini.

Nella giornata mondiale dell’infanzia Pepita punta il faro sull’art. 24 della Convenzione dei Diritti del Fanciullo: il diritto alla salute. Cosa stiamo facendo per garantire questo fondamentale diritto?

  • Servono leggi repressive, o la vera legge è “quella dell’amore incondizionato”, capace di promuovere ben-essere, lo stare bene?
  • Servono multe e carcere per i genitori, o percorsi di educazione alla genitorialità responsabile?
  • Nuovi divieti nell’utilizzo dei cellulari, o l’introduzione di percorsi continuativi nelle scuole di alfabetizzazione emotiva e di educazione all’affettività?

La sensazione chiara è quella di avere perso un’occasione, l’ennesima, di porre l’attenzione sul vero problema, agendo sulle cause e non sull’emozione del momento. 

Il piano Valditara: educare alle relazioni

A questo sembra rispondere  il piano “Educare alle relazioni”, che verrà presentato il 22 novembre dal Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, e che vuole contribuire alla prevenzione della violenza di genere attraverso l’educazione nelle scuole alla cultura della non violenza e del rispetto reciproco.

Ciò  rientra nel percorso verso l’integrazione dell’educazione all’affettività da Pepita sempre auspicato a livello istituzionale e realizzato concretamente da anni a livello formativo in centinaia di scuole ogni anno.

Il decreto Caivano, invece, è l’ennesimo intervento di emergenza: bisogna uscire da questa logica e abbracciare quella della continuità educativa, fondamentale per dare una risposta nel quotidiano a fenomeni troppo importanti per essere affrontati solo di pancia. Tutti i giorni bisogna rispettare, bisogna condividere, bisogna educare: non solo nelle scuole ma, anche e soprattutto, in famiglia.

Pepita crede però sia fondamentale estendere il percorso di educazione all’affettività anche agli adulti: come prevede la Convenzione di New York sui diritti dell’infanzia all’articolo 18 “La responsabilità di allevare il fanciullo e di provvedere al suo sviluppo incombe innanzitutto ai genitori”

Inutile fornire concetti se non viene dato l’esempio. “Arrivano a casa arrabbiati e con noi si arrabbiano di più”, questo ci dicono i ragazzi. Quindi bene il decreto, benissimo il piano, ma non basta.

In ballo c’è molto di più di quanto immaginiamo. Siamo certi che le nostre priorità coincidano con i valori che crediamo di rappresentare per le giovani generazioni? In questo senso, anche le famiglie vanno accompagnate, sostenute, alla ricerca di quel tempo di qualità da condividere tra genitori e figli.

In questa sfida educativa quotidiana lo Stato e, più in generale le istituzioni, dovrebbero essere un alleato. Accanto ai cittadini di oggi, nell’interesse di quelli di domani.