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Mentre il mondo della scuola è sceso in piazza contro la riforma, un’indagine condotta da Ires assieme ai sindacati e alle associazioni di categoria rivela che uno studente su quattro durante la Dad ha pensato di abbandonare gli studi.

Ansia, noia, costrizione e disorientamento sono i sentimenti alla base di questa sfiducia, emersa anche nei giudizi degli stessi studenti nei confronti delle politiche scolastiche e delle soluzioni didattiche proposte durante tutto il long Covid.
Due ragazzi su tre hanno bocciato la Dad.

Una stroncatura dettata dalla fatica di relazionarsi per ore e ore solo con lo schermo, senza contare la mancanza del gruppo classe e la conseguente demotivazione a “partecipare” alle lezioni. 

Dopo tutte queste complicazioni, certamente imposte dall’emergenza sanitaria, ma quasi mai risolte da una programmazione illuminata e lungimirante, in molti auspicavano un cambio di passo per una pianeta scuola in cerca di una nuova orbita.

Invece…genitori, studenti e insegnanti si sono ritrovati nel tipico “Giorno della marmotta”, il cult movie con Bill Murray, in cui il protagonista è costretto a vivere sempre lo stesso giorno. Nessuna modifica del programma scolastico, carenza di insegnanti di sostegno e supplenti tappabuchi, spesso chiamati a sostituire colleghi a prescindere dalla materia di competenza.

I risultati di questa carenza di vision denunciata così pervicacemente da tutto il settore trovavano sostanza nelle statistiche relative alla dispersione scolastica.

Durante l’anno del COVID-19, l’Italia ha registrato una delle percentuali di abbandono scolastico più alte d’Europa: il 13,1% dei giovani ha lasciato prematuramente il suo corso di studi senza raggiungere la licenza superiore. Un dato che pone il nostro Paese al quartultimo poste in Europa, a fronte di una media del 9,9%. Ciò nonostante, l’Italia presentava una curva positiva dal 2011, quando la dispersione scolastica aveva interessato il 17,8% degli studenti.

Proprio in questi anni, in cui i ragazzi avrebbero dovuto essere sostenuti. Anni nei quali l’isolamento ha portato ad un sensibile aumento dei disturbi del sonno e delle abitudini alimentari. 

Dispersione scolastica che spesso fa rima con povertà educativa, come richiama l’indagine del Garante dell’Infanzia e dell’Adolescenza. I soggetti più a rischio di abbandonare gli studi provengono da contesti familiari, culturali e sociali più fragili, Mentre fra gli alunni stranieri il tasso di abbandono è tre volte quello degli italiani. Una situazione che stressa tutte le comunità, non solo scolastiche, perché favorisce i fenomeni di emarginazione e disuguaglianza. Secondo l’Autorità Garante, un ruolo chiave nel rilancio dell’istituzione scolastica deve essere assegnato ai genitori, che devono recuperare centralità nel percorso d’istruzione dei propri figli. Fondamentali anche il prolungamento dell’orario e l’ampliamento dell’offerta formativa.
Papà e mamme vanno messi nella condizione di partecipare all’esperienza scolastica dei figli, soprattutto nella fase 0-6 anni.

Una scuola che abbracci le famiglie, rispondendo ai nuovi bisogni dettati dall’epoca attuale. Un’attualità che sembra sparita dal vocabolario della scuola, ancorata ai programmi e alle materie del secolo scorso e sempre più distante dal mondo reale, quello vissuto e alimentato ogni giorno dalle nuove generazioni. Una moltitudine di studenti che vive la scuola dell’obbligo come un passaggio necessario, ma non strategico per il loro futuro.

Eppure basterebbe così poco per fare pace con l’attuale didattica, basterebbe riparare alla più grande lacuna del sistema istruzione: gli studenti. Cittadinanza digitale, orientamento, educazione sentimentale, laboratori professionali, esperienze di volontariato, sono solo alcune delle “materie” che una scuola rivolta al futuro, moderna e innovativa dovrebbe abbracciare.