Se son rose, il progetto di prevenzione e supporto contro la violenza di genere tocca da vicino anche gli insegnanti.
Il 50 per cento dei docenti intervistati negli istituti scolastici di Novara e Borgomanero coinvolti nel progetto dichiara di essere stato vittima o di aver assistito a episodi di discriminazione.
Un dato ancor più importante, considerando che il campione era composto quasi nella totalità da donne (87,5%).
Il 100% dei docenti riporta di aver sentito parlare di violenza di genere con una predominanza in ambito lavorativo.
Parlando di VDG, il 62,5% degli insegnanti associa il fenomeno all’attribuzione di minor valore o considerazione rispetto al genere di appartenenza, mentre il 25% del campione rimarca l’esclusione da alcune attività, che il 12,5% traduce espressamente in limitazioni al proprio agire.
Come gli studenti, anche la maggior parte degli insegnanti tra Novara e Borgomanero ritiene che la violenza più diffusa sia quella psicologica. A differenza dei ragazzi, gli adulti percepiscono che la violenza economica sia tanto diffusa quanto quella fisica.
La maggior parte dei docenti pensa che, potenzialmente, la vittima potrebbe essere chiunque, ma nessuno che potrebbe essere un estraneo. Un dato che, in maniera inequivocabile, conferma la tendenza a ricondurre gli episodi nella sfera familiare o lavorativa.
Rispetto alla vittima, il 62,5% conviene con l’idea che abbia bisogno di aiuto e supporto. Nessuno pensa che la vittima abbia in qualche modo provocato la violenza. Anche in questo campione non sembra esserci un pregiudizio rispetto alla nazionalità. Ma un certo luogo comune persiste quando nessuno, tra gli interpellati, collocherebbe una persona violenta nel ceto medio-alto della società.
Nel caso in cui loro stessi fossero vittime di violenza reagirebbero raccontando la violenza a qualcuno (25% circa) o denunciandola alla polizia (37,5% circa); numeri simili a quelle degli studenti. La percentuale di adulti che non direbbe niente a nessuno per paura o vergogna è, invece, il doppio di quella degli studenti (anche se bisogna considerare la differenza dei campioni in termini numerici).
Tutti i docenti ritengono che chi agisce in modo violento è autore di reato. Associano l’aggressore ad una persona con problemi psichiatrici (43,75%)o vittima anch’essa di violenze infantili (31,25%) o mossa da gelosia verso il partner (43,75%).
Il 75% dei docenti ritiene che, nelle liti tra adolescenti, poche volte capita che il ragazzo sia violento fisicamente o verbalmente verso la fidanzata. Le percentuali di chi invece ritiene avvenga spesso o non avvenga mai si dividono equamente.
Rispetto ai ruoli della donna nella società, l’87,5% dei soggetti intervistati in Se son rose, sostiene che la donna non debba rimanere a casa e occuparsi dei figli mentre il 6,25% pensa l’opposto ed un altro 6,25% non lo sa (ricordiamo che il campione è composto quasi da sole donne). In accordo con quanto emerso precedentemente, il 68,75% dei soggetti risponde negativamente alla domanda se per gli uomini, più che per le donne, sia importante avere successo nella vita lavorativa.
Non sembrano esserci associazioni significative tra genere e intelligenza, mentre le percentuali diventano più omogenee quando si chiede se ci sia una qualche relazione tra genere e sensibilità (43,75% risponde si, 56,25% risponde no). Un dato diverso da quello emerso nella popolazione degli studenti.
Tutti gli insegnanti ritengono sia importante, per gli studenti, trattare il tema della violenza di genere. Inoltre il 93,75% giudica utile essere formato rispetto al tema. Il 43,75%, infatti, giudica che tale fenomeno sia frequente tra i ragazzi a cui insegna, tanto che per l’81,25% sarebbe necessario uno sportello d’ascolto a scuola rivolto ai ragazzi. Due insegnanti su tre si ritengono responsabili nei confronti degli studenti rispetto alla tematica sulla violenza di genere.
Mentre i ragazzi qualora fossero stati vittime di abuso, riferiscono che avrebbero raccontato la cosa a familiari o alle forze dell’ordine, gli insegnanti pensano che nessun ragazzo lo racconterebbe alle forze dell’ordine, ai servizi sociali, ad un centro antiviolenza. Pensano invece che ne parlerebbero agli amici, allo psicologo o ad un familiare. Il progetto Se son rose, rispetto a questi dati, vede una forte discrepanza, indice forse di una diversa considerazione di quelli che sono i punti di riferimento rispetto alla denuncia di un abuso.
A presto con un nuovo aggiornamento del progetto Se Son Rose.